108ª sessione della Conferenza Internazionale del Lavoro

Intervento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alla Sessione di alto livello per il Centenario dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro

Statement | 10 June 2019


Signor Presidente, Signore e Signori Vice Presidenti della Conferenza Internazionale del Lavoro,

Signor Direttore Generale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro,

Signore e Signori Capi di Stato e di Governo, Ministri e Delegati,

costituisce un onore prendere la parola nella Conferenza Internazionale del Lavoro che celebra un secolo dalla fondazione di questa Organizzazione, la più antica del sistema delle Nazioni Unite.

La felice intuizione che le diede vita — nell’anno immediatamente successivo al termine del primo conflitto mondiale — mosse da una consapevolezza che la guerra aveva reso drammaticamente evidente. Una pace duratura avrebbe potuto essere raggiunta soltanto attraverso la realizzazione dei principi di base della giustizia sociale e dell’affermazione del diritto al lavoro e del lavoro.

Appare singolarmente lungimirante avere dedicato l’intero capitolo tredicesimo del Trattato di Versailles, alla “giustizia sociale” e al lavoro e sono lieto di ricordare che, tra i nove Paesi costituenti la Commissione incaricata di redigere la Carta Internazionale del Lavoro, in quel 1919, fosse presente l’Italia.

Fu una missione, quella assegnata, che è tuttora parte rilevante dell’agenda internazionale, nonostante i grandi passi avanti effettuati in questi decenni.

Quegli obiettivi conservano integralmente il proprio valore, che vive nel motto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro: si vis pacem, cole iustitiam. Parole che valgono sia in senso prescrittivo sia per l’antitesi alla violenza e alla guerra che intendono evocare.

 Nel corso della sua lunga esistenza, l’OIL ha superato indenne eventi tragici, come il secondo conflitto mondiale, e ha affrontato straordinarie sfide, come le trasformazioni indotte dal rapido progredire della mondializzazione.

La credibilità di una organizzazione internazionale si misura ogni giorno nel confronto tra l’efficacia della propria azione e i mutamenti della vita economica e sociale.

E a interpellare oggi i governi è proprio la capacità di raggiungere gli obiettivi della Carta costitutiva nel confronto con la globalizzazione.

Non può — e non deve — esservi contraddizione tra la missione e il lavoro che l’OIL meritoriamente sviluppa e quanto viene poi determinato in normative elaborate in altre agenzie e organismi internazionali.

Coerenza esige che sia sempre assicurata l’introduzione di una clausola sociale internazionale nei Trattati riguardanti il futuro del globo.

Diversamente, il fenomeno del dumping sociale sarebbe destinato non solo a perpetuarsi, affliggendo le condizioni dei lavoratori dei Paesi emergenti, ma a generare fenomeni recessivi a partire dai mercati del lavoro dei Paesi a economia matura.

Ne è testimonianza quanto ci consegnano gli ultimi anni.

La quota riservata alla remunerazione del lavoro (incluso il reddito dei lavoratori autonomi), è passata nei Paesi sviluppati (Ocse) da una incidenza del 68 per cento sul PIL a metà degli anni ’70 del secolo scorso, al 58 per cento di trent’anni dopo. Ancora, mentre il capitale umano rappresenta il 65% della ricchezza globale, nei Paesi a basso reddito raggiunge solo il 41 per cento.

Assistiamo, cioè, a un andamento decrescente della quota salari sulla ricchezza prodotta in un anno.

Se la globalizzazione e l’aumento degli scambi commerciali hanno contribuito a ridurre le disuguaglianze fra Paesi, questo non è avvenuto in egual misura all’interno degli stessi.

Tutto questo, unito all’ampiezza degli obiettivi dell’Organizzazione e alla sua stessa “ragione sociale”, conferisce permanente validità al mandato affidatole, e sottolinea quanto sia impegnativa la strada che l’OIL deve ancora percorrere per affermare il suo ruolo di agenzia sociale “regolatrice” nel processo di mondializzazione economica. La sua vocazione universale, manifestata sin dalla nascita, è quella di introdurre il tema della giustizia sociale tra Paesi, oltre che tra i gruppi sociali.

Lo sviluppo divenne così obiettivo dell’Organizzazione, come espresso dalla promozione del Programma mondiale per l’occupazione, nel 1969, e dal Patto globale per il lavoro lanciato nel 2009, e in altri documenti.

Opportunamente, in occasione del centenario, è stato lanciato un dibattito sul “Futuro del Lavoro”.

La rapidissima e frenetica riorganizzazione dei processi produttivi sulla base di catene di valore su scala globale, l’incisività delle innovazioni, la crescente frammentarietà delle carriere lavorative individuali, i movimenti migratori, l’invecchiamento della popolazione in alcune aree del mondo e la persistente disoccupazione giovanile, sono tutti processi dirompenti che, se non verranno governati, potrebbero produrre conseguenze potenzialmente imprevedibili.

Si coglie dalla pervasività di queste sfide — che evidenziano lo stretto intreccio tra condizioni nazionali e relazioni internazionali — il senso delle scelte che hanno caratterizzato nel tempo gli orientamenti e le azioni dell’OIL.

Sono state messe bene in evidenza in un recente studio: la pace è possibile solo in un regime di giustizia sociale; la giustizia sociale suppone un regime di cooperazione più che di competizione economica; l’universalità della pace si basa sul carattere internazionale della cooperazione; infine, si manifesta essenziale la cooperazione tra i diversi attori del processo produttivo. E da quest’ultimo aspetto si coglie anche quanto sia vitale il carattere tripartito, attribuito, sin dalla sua costituzione, all’organizzazione, con il concorso dei governi, delle organizzazioni dei lavoratori e di quelle degli imprenditori.

Una risposta all’interrogativo sul futuro del lavoro, non può che ripartire dai principi fondamentali affermati dalla Dichiarazione di Filadelfia del 1944, quando la Seconda guerra mondiale appariva avviata alla conclusione con la sconfitta del nazifascismo:
  1. il lavoro non è una merce;
  2. la libertà di espressione e di associazione sono condizioni essenziali del progresso sociale;
  3. la povertà, ovunque esista, costituisce un pericolo per la prosperità di tutti;
  4. la lotta contro il bisogno deve essere continua in ogni paese.

Molti diritti contemporanei traggono origine dall’impegno profuso dall’OIL per la piena tutela della dignità di ogni singolo essere umano, ovunque eserciti la propria attività lavorativa e qualunque essa sia.

Sulla base di questo impegno, ripetiamo con determinazione: no al lavoro minorile e no al lavoro forzato. Sì alla parità di genere; alla protezione dell’infanzia e della maternità; alla sicurezza sul lavoro; alla protezione sociale; al lavoro strumento di libertà e mezzo di elevazione del tenore di vita; all’eguaglianza nel campo educativo e professionale; all’esercizio del diritto alla contrattazione collettiva.

Signor Presidente, Signor Direttore Generale, Signore e Signori,

nuove, stimolanti prospettive — insieme a problemi del tutto inediti — emergono dalla rivoluzione tecnologica in atto con il passaggio da un’economia tradizionale a una realtà sempre più digitale.

È indifferibile, di conseguenza, una diffusione capillare delle competenze e delle conoscenze necessarie per unire crescita economica e crescita sociale, evitando spirali negative che si manifestano, spesso, nella transizione da una fase all’altra.

L’aspirazione al lavoro in condizioni eque unisce i destini delle persone in ogni angolo del globo.

Oltre duecento milioni di persone risultano oggi prive di un lavoro, altrettanti i lavoratori migranti, quasi un miliardo gli abitanti del pianeta che vivono sotto la soglia di povertà. La comunità internazionale non è all’oscuro di quanto accade, eppure l’impegno per porvi riparo appare ancora ampiamente insufficiente.

La Convenzione sui lavoratori migranti del 1975, ad esempio, richiama la necessità di promuovere spostamento di capitali e tecnologie piuttosto che di lavoratori. Esorta a evitare lo sviluppo di movimenti migratori incontrollati o non assistiti, per le loro conseguenze negative sul piano sociale e umano. Sottolinea la necessità di parità di opportunità e di trattamento per tutti i lavoratori.

Un impegno e una lotta comune devono unire dunque autorità di governo e parti sociali per determinare criteri e regole di valore universale così come universali sono i diritti delle persone.

L’OIL è una esperienza esemplare di come soltanto il multilateralismo sappia essere motore di progresso per l’intero genere umano, per una globalizzazione dei diritti.

Cento anni fa, nel febbraio 1919, soltanto pochi mesi prima dell’atto fondativo che qui celebriamo, venne sottoscritto in Italia il primo contratto nazionale di lavoro che poneva il limite di otto ore quotidiane e quarantotto settimanali per le prestazioni dei lavoratori.

Nell’ottobre successivo, la Conferenza internazionale dell’OIL, riunita a Washington, ribadiva gli stessi criteri, dando cornice internazionale alla legislazione sul lavoro, contrastando una competizione nella produzione di merci e servizi imperniata sul peggioramento delle condizioni di lavoro e sul taglio dei salari piuttosto che sulla capacità di innovazione.

Si riscontra, in questo, una felice coincidenza di sensibilità ed emerge la capacità della comunità internazionale di saper offrire risposte autentiche alle attese delle persone.

Signor Presidente, Signor Direttore Generale, Signore e Signori,

l’accesso al lavoro rimane una precondizione per l’inclusione sociale e per lo sviluppo dell’individuo.

La Costituzione italiana, all’art. 1, pone il lavoro a fondamento della Repubblica, perché ritiene che la persona, la sua dignità, la sua partecipazione creativa, il suo contributo al benessere di tutti, anche delle future generazioni, siano il fulcro di ogni società. L’Unione Europea e Consiglio d’Europa definiscono, per la loro parte, i diritti di “seconda generazione”.

Tutti devono avere le medesime opportunità di realizzazione personale, a prescindere dal genere, dall’età, dalla provenienza sociale e geografica, dall’orientamento religioso, politico o sessuale e, per quanto è possibile — ed è molto — dalle condizioni di salute.

Riconoscendo la dedizione in questo senso dell’OIL, desidero rinnovare i miei migliori auguri per il raggiungimento degli importanti traguardi a Lei, Signor Direttore Generale e all’intero personale dell’Organizzazione.

Sono auguri accompagnati dall’apprezzamento del popolo italiano, orgoglioso di avere potuto contribuire al progresso di una Organizzazione che — sulla base della sua esperienza centenaria —  è impegnata quotidianamente a progettare il nostro futuro, a partire dai principi-cardine.

Principi che, proprio 50 anni fa, in occasione del conferimento del Nobel per la pace all’OIL, furono efficacemente richiamati quali “Magna charta di tutti i lavoratori”.

Mezzo secolo dopo quella cerimonia, si può legittimamente affermare la perenne validità dell’intuizione che diede vita all’OIL: il lavoro è una delle più efficaci infrastrutture della pace mondiale.