COVID-19: proteggere le lavoratrici e i lavoratori sul lavoro

A rischio il sostentamento di oltre 55 milioni di lavoratrici e lavoratori domestici a causa del COVID-19

Nel nono anniversario dell’adozione della Convenzione OIL sulle lavoratrici e i lavoratori domestici, le nuove stime dell’OIL evidenziano i rischi che le lavoratrici e i lavoratori domestici devono affrontare a causa della pandemia del COVID-19.

Comunicato stampa | 16 giugno 2020
GINEVRA (Notizie OIL) — Secondo le nuove stime dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), circa tre quarti delle lavoratrici e dei lavoratori domestici in tutto il mondo — oltre 55 milioni di persone — rischiano di perdere il lavoro e il reddito a causa delle misure di confinamento e della mancanza o inadeguatezza dei regimi di sicurezza sociale .

La maggior parte di essi — circa 37 milioni —è costituito da lavoratrici.

I dati di giugno mostrano che la regione più colpita è quella del Sud Est asiatico e del Pacifico, dove il 76 per cento delle lavoratrici e dei lavoratori domestici è a rischio, seguita dalle Americhe (74 per cento), dall’Africa (72 per cento) e dall’Europa (45 per cento).

La crisi del COVID-19 ha messo in luce la particolare vulnerabilità delle lavoratrici e dei lavoratori domestici che sono occupati nell’economia informale, evidenziando la necessità di garantire anche a questi la protezione del lavoro e quella sociale”

Claire Hobden, Specialista dell’OIL in materia di lavoratrici e lavoratori vulnerabili
Sia le lavoratrici che i lavoratori domestici che operano nell'economia formale e informale sono stati colpiti dalla pandemia. I lavoratori informali rappresentano il 76 per cento delle persone a rischio di perdere il lavoro o di subire una riduzione dell’orario di lavoro. Nei paesi che hanno adottato misure di confinamento più severe, le lavoratrici e i lavoratori domestici, siano essi assunti formalmente o informalmente, non hanno potuto recarsi a lavoro. Alcuni di quelli che sono occupati nell’economia formale hanno potuto beneficiare dell'indennità di disoccupazione. Per le lavoratrici e i lavoratori domestici che svolgono un lavoro informale invece, restare a casa significa perdere i mezzi di sostentamento senza una rete di sicurezza a cui affidarsi, rendendo difficile per loro di portare il cibo a tavola.

La pandemia ha aggravato le condizioni preesistenti. Solo il 10 per cento delle lavoratrici e dei lavoratori domestici ha accesso alla sicurezza sociale. Gli altri non hanno accesso al congedo malattia retribuito, all’assistenza sanitaria, alle indennità per gli infortuni sul lavoro o all'indennità di disoccupazione. Molte lavoratrici e lavoratori domestici guadagnano solo il 25 per cento del salario medio che non permette di accumulare risparmi da poter utilizzare in caso di emergenza finanziaria.

 “La crisi del COVID-19 ha messo in luce la particolare vulnerabilità delle lavoratrici e dei lavoratori domestici che sono occupati nell’economia informale, evidenziando la necessità di garantire anche a questi lavoratori e lavoratrici la protezione del lavoro e la protezione sociale” ha affermato Claire Hobden, Specialista dell’OIL in materia di lavoratori vulnerabili, “questo colpisce in modo sproporzionato le donne che costituiscono la stragrande maggioranza dei lavoratori domestici in tutto il mondo”.

In alcune regioni, i domestici sono prevalentemente lavoratori migranti che contano sul loro salario per mantenere le loro famiglie nei paesi d’origine. Il mancato pagamento dei salari e la chiusura dei servizi che effettuano le rimesse di denaro all'estero hanno esposto le famiglie di questi lavoratori al rischio di povertà e fame.

Le lavoratrici e i lavoratori che vivono nelle famiglie hanno per lo più continuato a lavorare, in confinamento con i loro datori di lavoro. Le informazioni raccolte tuttavia indicano che essi hanno lavorato più a lungo a causa della chiusura delle scuole, dovendo anche svolgere lavori domestici più impegnativi del solito.

In altri casi, i datori di lavoro hanno smesso di erogare la retribuzione a causa della loro situazione finanziaria o nell’erronea convinzione che, durante il periodo di confinamento, queste lavoratrici e lavoratori non avrebbero dovuto essere retribuiti.

In alcuni paesi dove i lavoratori domestici migranti vivono solitamente con il datore di lavoro, alcuni di essi si sono ritrovati senza una casa a causa del licenziamento motivato dalla paura del contagio. Il licenziamento espone questi lavoratori, in particolare le lavoratrici, al rischio della tratta di esseri umani.

L’OIL sta lavorando insieme alle organizzazioni dei lavoratori domestici e dei datori di lavoro per garantire la salute e il sostentamento dei lavoratori domestici.Essa sta conducendo delle indagini sul livello e la tipologia dei rischi a cui tali lavoratori sono esposti, affinché i governi possano elaborare politiche che garantiscano almeno una copertura previdenziale di base, includendovi l’accesso all’assistenza sanitaria di base e la sicurezza del reddito.

Ventinove Paesi hanno ratificato la Convenzione dell’OIL n. 189 sul lavoro dignitoso per le lavoratrici e i lavoratori domestici, adottata nove anni fa dalla Conferenza internazionale del lavoro. Molti altri hanno adottato misure concrete per estendere la protezione del lavoro e quella sociale. L’OIL ha supportato circa sessanta paesi nell'adozione di politiche per la protezione sociale di questi lavoratori.

Anche se queste misure hanno prodotto un incremento della formalizzazione di molti lavoratori domestici, il tasso generale di informalità rimane elevato. L’OIL chiede di agire con urgenza per formalizzare il lavoro domestico e proteggere le lavoratrici e i lavoratori domestici da shock che dovessero verificarsi in futuro.