Parità di genere

Una dinamica mondiale perché ci siano più donne in posizioni manageriali

Un nuovo studio mette in luce il legame positivo tra leadership femminile e risultati dell’impresa e lancia un appello a superare l’attuale 5 per cento di donne che occupano posizioni di vertice.

Comunicato stampa | 14 gennaio 2015
GINEVRA (ILO News) — Le donne sono tuttora sotto rappresentate nelle posizioni di vertice, tuttavia, il numero di donne in posizioni di dirigenti e di quadri di gestione è aumentato durante gli ultimi 20 anni. Lo dimostra un nuovo studio del Bureau for Employers’ Activities (Sezione per le attività dei datori di lavoro) dell’ILO.

Secondo lo studio Women in Business and Management: Gaining Momentum* («Donne in posizioni manageriali: un aumento in potenza»), in 80 dei 108 paesi per i quali sono disponibili dati ILO, la proporzione di donne in posizioni manageriali è aumentata durante questo periodo.

«La nostra ricerca dimostra che l’aumento del tasso di attività delle donne è stato il motore più potente della crescita e della competitività globale», dice Deborah France-Massin, Direttore del Bureau for Employers’ Activities dell’ILO.

L’aumento del tasso di attività delle donne è stato il motore più potente della crescita e della competitività globale”

D. France-Massin, Direttore del Bureau for Employers’ Activities

«Un numero crescente di studi dimostra inoltre il legame positivo tra la partecipazione delle donne nelle strutture dirigenziali e i risultati delle imprese. Ma la strada è ancora lunga per realizzare una vera parità di genere sul posto di lavoro, in particolare nelle più alte posizioni dirigenziali».

Le donne rappresentano non più del 5 per cento degli amministratori delegati delle principali imprese mondiali. Più grande è l’impresa, meno è probabile che sia diretta da una donna.

Più donne nei consigli di amministrazione delle imprese

I consigli di amministrazione composti di soli uomini sono tuttora frequenti ma il loro numero tende a diminuire; in alcuni paesi, le donne raggiungono il 20 per cento dei seggi nei consigli di amministrazione. Una inchiesta globale citata nello studio dimostra che è la Norvegia ad avere la più alta proporzione di imprese (13,3 per cento) il cui consiglio di amministrazione sia presieduto da una donna, seguita dalla Turchia (11,1 per cento).

«È fondamentale che un numero maggiore di donne raggiungano posizioni di alta dirigenza in aree strategiche per costruire un serbatoio di potenziali candidate alle più alte funzioni come quelle di amministratore delegato o di presidente di società», spiega France-Massin, aggiungendo: «Esistono tuttavia ancora ‘barriere invisibili’, con la concentrazione delle donne in alcuni tipi di funzioni manageriali come le risorse umane, la comunicazione e l’amministrazione».

Oggi, oltre il 30 per cento dell’insieme delle imprese sono possedute e dirette da donne, ma si tratta soprattutto di micro e piccole imprese. Il rapporto sottolinea che un aumento del numero delle donne in grado di far crescere le proprie imprese è fondamentale non solo per l’uguaglianza ma anche per lo sviluppo nazionale.

Il rapporto fornisce statistiche sulle donne in posizioni manageriali e negli affari per numerosi paesi in tutte le regioni del mondo e a tutti livelli di sviluppo. Ci sono anche dati sul divario retributivo di genere a livello dirigenziale e inferiore, come pure sul successo delle donne negli studi.

Il rapporto identifica il crescente movimento mondiale per fare progredire le donne verso posizioni manageriali e presenta alcune delle numerose iniziative prese in merito in diversi settori.

Servono soluzioni flessibili per conciliare lavoro e vita familiare

Il rapporto fornisce le seguenti raccomandazioni per colmare il divario di genere:
  • ricercare «soluzioni flessibili» per gestire gli obblighi lavorativi e familiari senza ricorrere a trattamenti speciali o a quote;
  • fornire una copertura di protezione della maternità e un aiuto per la custodia dei bambini rappresenta un valore aggiunto per l’impresa intenta a reclutare donne di talento e a trattenerle nell’impresa;
  • «cambiare le mentalità» per infrangere le barriere culturali e combattere le molestie sessuali;
  • fronteggiare la questione del cosiddetto «tubo che perde», cioè il fatto che le donne rimangano indietro nonostante il loro elevato livello di istruzione;
  • stabilire politiche delle risorse umane che prendano in considerazione la parità di genere;
  • assicurare che, fin dall’inizio della carriera, vengano affidate alle donne compiti altrettanto ambiziosi di quelli degli uomini.

Gli autori sottolineano che le donne e le ragazze ricevono quasi la metà delle risorse educative, rappresentando così una proporzione significativa del serbatoio di talenti a disposizione. Per quello, l’investimento delle imprese per attrarre, trattenere e promuovere donne qualificate dovrebbe rivelarsi redditizio.

Infine, il rapporto ricorda che le organizzazioni nazionali dei datori di lavoro possono svolgere un ruolo importante per aumentare l’attenzione alla causa della nomina di donne in posizioni manageriali.


«Se non si interviene, potrebbe prendere 100 a 200 anni per realizzare la parità al vertice. È tempo di rompere una volta per tutte il tetto di cristallo per evitare il controverso sistema delle quote rosa obbligatorie che non sempre sono utili né efficaci. Che ci siano donne ai vertici è semplicemente buono per gli affari», conclude France-Massin.

Secondo il rapporto, la Giamaica registra la più alta proporzione di donne manager con il 59,3 per cento, mentre lo Yemen registra la proporzione più bassa con il 2,1 per cento. Gli Stati Uniti sono al 15° posto su 108 paesi con il 42,7 per cento di donne manager, il Regno Unito al 41° posto (34,2 per cento) e la Federazione Russa al 25° posto (39,1 per cento).

In Africa, il Ghana occupa il 26° posto con il 39 per cento, seguito dal Botswana al 28° posto (38,6 per cento). In Asia, i primi paesi in classifica sono le Filippine al 4° posto (47,6 per cento), seguite dalla Mongolia al 17° posto (41,9 per cento). Con il 53,1 per cento, la Colombia detiene il secondo posto mondiale e il primo in America Latina, seguita da Panama al 5° posto (47,4 per cento).


* Il rapporto presenta i risultati di una inchiesta condotta dall’ILO nel 2013 presso 1.200 aziende in Africa, Asia e Pacifico, Europa orientale e centrale, e America latina e Caraibi, sulle misure e le iniziative destinate a far progredire le donne verso posizioni manageriali. L’inchiesta è stata condotta con l’assistenza delle organizzazioni nazionali dei datori di lavoro in 39 paesi.