Rapporto congiunto ILO MPI

In Europa, molti immigrati faticano ad uscire dai lavori poco qualificati; i governi europei possono optare per la mobilità verso l’alto

Comunicato stampa | 18 novembre 2014
WASHINGTON e GINEVRA — Di fronte ai problemi dell’invecchiamento della popolazione e della bassa crescita economica, sono pochi i governi europei che fanno abbastanza per aiutare gli immigrati a passare da lavori precari e poco qualificati ad un lavoro dignitoso. Lo afferma un nuovo rapporto del Migration Policy Institute (MPI) e dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO).

Secondo lo studio Aiming Higher: Policies to Get Immigrants into Middle-Skilled Work in Europe («Puntare in alto: politiche per portare i migranti verso i lavori a qualifica media in Europa») anche se, negli ultimi dieci anni, alcuni paesi hanno fatto investimenti importanti in politiche di integrazione nel mercato del lavoro, l’obiettivo è stato soprattutto quello di dare un lavoro agli immigrati. Il risultato è che queste politiche non hanno favorito la progressione di carriera con il passare del tempo.

In Europa, le prospettive demografiche mostrano chiaramente che i paesi non si possono permettere di sprecare il potenziale dei propri residenti”
«In Europa, le prospettive demografiche mostrano chiaramente che i paesi non si possono permettere di sprecare il potenziale dei propri residenti, indipendentemente dalla loro provenienza», ha affermato Demetrios G. Papademetriou, Presidente Emerito di MPI. «Anche se, negli ultimi anni, alcuni paesi hanno dato priorità alle politiche di integrazione nel mercato del lavoro, non c’è stata particolare attenzione alla qualità dei lavori e, di conseguenza, si registra un ritardo nella progressione dei migranti verso lavori a qualifiche medio-alte».

«Le nostre ricerche dimostrano che, nonostante qualche incoraggiante innovazione in alcuni paesi, non esiste una soluzione miracolosa al problema degli immigrati confinati in lavori poco qualificati o nella disoccupazione», ha precisato Christiane Kuptsch dell’ILO. «Una maggiore coerenza tra politiche per l’occupazione e politiche migratorie potrebbe portare benefici ai lavoratori migranti, ai datori di lavoro e ai mercati del lavoro».

Non solo le diseguaglianze sul lavoro tra autoctoni e stranieri persistono ma, con la crisi, si è registrato un aumento. Le più colpite sono le donne, i migranti senza visto per lavoro e quelli provenienti da paesi extra-UE.

Negli ultimi 25 anni, l’Europa ha conosciuto un’immigrazione considerevole tanto dal continente quanto da paesi extra-UE. La maggior parte dei migranti non sono stati selezionati in base alle loro competenze, bensì sono arrivati attraverso canali umanitari o per motivi di ricongiungimento familiare. Molti, tra quelli in possesso delle qualifiche richieste, hanno trovato lavoro facilmente, soprattutto durante il boom economico della metà degli anni 2000. Ma altrettanti, tra i nuovi arrivati, nonostante possiedano qualifiche ed esperienza considerevole, faticano a passare da un lavoro poco qualificato ad una posizione stabile, di media qualifica.

Il rapporto è il risultato di una ricerca svolta da MPI in collaborazione con l’ILO, finanziata dalla Direzione Generale per l’occupazione, gli affari sociali e l’inclusione della Commissione Europea. Il rapporto esamina l’avanzamento professionale degli immigrati arrivati di recente in sei paesi UE (Francia, Germania, Spagna, Svezia, Regno Unito e Repubblica Ceca) e analizza le politiche in materia di integrazione e di sviluppo della manodopera, con particolare attenzione ai servizi pubblici per l’impiego e alla formazione linguistica e professionale.

La pubblicazione descrive le difficoltà che incontrano i lavoratori nati all’estero nel trovare stabilità nel mercato del lavoro durante i primi dieci anni dal loro arrivo; molti conoscono lunghi periodi di disoccupazione, inattività o stagnazione in lavori poco qualificati.

Realizzato da Meghan Benton, Madeleine Sumption, Kristine Alsvik, Susan Fratzke, Christiane Kuptsch e Demetrios G. Papademetriou, il rapporto esamina anche le strategie per l’integrazione dei lavoratori migranti nel mercato del lavoro in Europa, in particolare i programmi rivolti direttamente agli immigrati come pure l’integrazione ai servizi generali disponibili per tutta la popolazione.

I programmi mirati permettono ai responsabili delle politiche di creare servizi che rispondano alle necessità dei nuovi arrivati, come l’orientamento e l’accompagnamento al lavoro, ma questi servizi sono spesso su scala ridotta e si concentrano su gruppi particolari (rifugiati o famiglie immigrate). Il rischio è quello di escludere molte altre persone con bisogni simili. Secondo lo studio, alcuni paesi si sono quindi rivolti a istituzioni più generali, come i servizi pubblici per l’impiego e i centri di formazione, in grado di offrire servizi più inclusivi su larga scala.

I servizi pubblici per l’impiego potrebbero mettere in contatto i lavoratori appena arrivati con i datori di lavoro e fornire loro consulenza in materia di progressione di carriera e riqualificazione. Tuttavia, questo potenziale non è stato sfruttato a pieno nei paesi esaminati. I consulenti del lavoro sono spesso sovraccarichi di lavoro e non hanno la formazione adeguata o le risorse sufficienti per rispondere ai bisogni specifici dei migranti. Alcuni paesi non hanno neppure la capacità di fornire un piano di sviluppo professionale di lungo termine o un sostegno al lavoro ai migranti che rimangono confinati nei lavori meno qualificati.

Stabilire strategie professionali e linguistiche che rispondano alle necessità di competenze dei migranti è un compito difficile ma necessario. La formazione non è la panacea, in quanto i datori di lavoro non sempre vogliono né possono offrire ai partecipanti posti di lavoro più qualificati dopo che questi hanno acquisito le nuove competenze. Tuttavia, la formazione resta lo strumento più efficace per ridurre le lacune nella conoscenza linguistica, nelle competenze di base o in quelle più tecniche, così come per l’acquisizione di competenze più generali.

Il rapporto contiene una serie di raccomandazioni destinate ai responsabili delle politiche, in particolare:
  • Aumentare gli incentivi alle agenzie pubbliche per l’impiego per rispondere ai bisogni dei migranti, e investire nella formazione di personale specializzato in grado di fornire orientamento professionale di breve e di lungo termine, anziché concentrarsi esclusivamente su come collocare le persone il prima possibile in qualsiasi tipo di lavoro.
  • Finanziare partnership tra datori di lavoro e istituti di formazione per assistere i datori di lavoro che vogliono facilitare l’apprendimento della lingua o sostenere programmi di apprendistato e di esperienza professionale.
  • Migliorare il coordinamento delle politiche adottate a livello regionale, nazionale e locale, e promuovere obiettivi comuni, condivisione delle informazioni e responsabilità reciproca nel processo di integrazione.
  • Valutare in maniera più efficace i programmi innovativi di integrazione nel mercato del lavoro, e monitorare regolarmente il loro impatto di lungo termine.

Consultare gli studi di casi e gli altri rapporti nella serie 14-report research.



Il Migration Policy Institute (MPI) è un gruppo di riflessione indipendente, apartitico, senza scopo di lucro, che ha sede a Washington, DC. E’ specializzato nell’analisi degli spostamenti delle popolazioni nel mondo e analizza, elabora e valuta le politiche sulla migrazione e sui rifugiati a livello locale, nazionale e internazionale.

L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) è l’agenzia specializzata delle Nazioni Unite con il mandato di stabilire norme internazionali del lavoro; dal 1919, l’ILO lavora per il progresso della giustizia sociale.