Tendenze globali dell’occupazione 2012: la sfida che il mondo dovrà affrontare è creare 600 milioni di posti di lavoro

Nel corso dei prossimi 10 anni, il mondo si troverà ad affrontare una “sfida urgente” ovvero creare 600 milioni di posti di lavoro produttivi per poter garantire una crescita sostenibile e preservare la coesione sociale. È quanto sostiene il rapporto annuale sull’occupazione dell’ILO.

Comunicato stampa | 24 gennaio 2012

GINEVRA (ILO News) - Nel corso dei prossimi 10 anni, il mondo si troverà ad affrontare una “sfida urgente” ovvero creare 600 milioni di posti di lavoro produttivi per poter garantire una crescita sostenibile e preservare la coesione sociale. È quanto sostiene il rapporto annuale sull’occupazione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO).

“Dopo tre anni di crisi continuata dei mercati del lavoro e di fronte alla prospettiva di un ulteriore peggioramento della situazione economica mondiale, la disoccupazione ha raggiunto la cifra di 200 milioni di persone a livello globale”, sostiene il rapporto dell’ILO Global Employment Trends 2012: Preventing a deeper jobs crisis (“Tendenze globali dell’occupazione 2012: prevenire una crisi più profonda dell’occupazione”). Inoltre, secondo il rapporto nel prossimo decennio saranno necessari più di 400 milioni di nuovi posti di lavoro per assorbire la crescita annuale di manodopera stimata in 40 milioni l’anno.

Secondo il rapporto, il mondo dovrà confrontarsi con un’ulteriore sfida, quella di creare posti di lavoro dignitoso per circa 900 milioni di lavoratori che vivono attualmente al di sotto della soglia di povertà dei 2 dollari al giorno, specialmente nei paesi in via di sviluppo.

“Nonostante gli sforzi dei governi, la crisi dell’occupazione continua senza tregua: nel mondo un lavoratore su tre — circa 1,1 miliardo di persone — è disoccupato o vive al di sotto della soglia di povertà” ha dichiarato Juan Somavia, Direttore Generale dell’ILO. “Quello di cui abbiamo bisogno è che la creazione di posti di lavoro nell’economia reale diventi la nostra priorità numero uno”.

Il rapporto fa notare che la ripresa a cui abbiamo assistito nel 2009 è stata breve e che rimangono sempre 27 milioni di disoccupati in più rispetto a quando la crisi è iniziata. Il fatto che le economie non creino posti di lavoro sufficienti si ripercuote nel rapporto occupazione-popolazione (la percentuale della popolazione in età da lavoro che risulta occupata), che ha registrato un declino record tra il 2007 (61,2 per cento) e il 2010 (60,2 per cento).

Allo stesso tempo, la forza lavoro conta circa 29 milioni di persone in meno rispetto a quanto previsto dalle tendenze precedenti alla crisi. Se questi lavoratori scoraggiati [nota 1] fossero contabilizzati come disoccupati, la disoccupazione mondiale passerebbe dagli attuali 197 milioni a 225 milioni e il tasso di disoccupazione aumenterebbe dal 6 al 6,9 per cento.

Il rapporto descrive tre scenari sull’evoluzione dell’occupazione. La proiezione di base mostra 3 milioni di disoccupati in più per il 2012 e un aumento fino a 206 milioni entro il 2016. Se il tasso di crescita mondiale scendesse al di sotto del 2 per cento, la disoccupazione aumenterebbe a 204 milioni nel 2012. In uno scenario più positivo, immaginando una soluzione rapida della crisi del debito nell’eurozona, la disoccupazione mondiale si ridurrebbe di circa un milione nel 2012.

I giovani continuano ad essere le principali vittime della crisi occupazionale. Viste le tendenze attuali, il rapporto precisa che sono poche le speranze di vedere un sostanziale miglioramento delle loro prospettive di impiego nel breve termine.

Secondo il rapporto, 74,8 milioni di giovani tra i 15 e i 24 anni erano disoccupati nel 2011, un aumento di oltre 4 milioni dal 2007. E aggiunge che, a livello globale, un giovane ha circa tre possibilità in più di essere disoccupato rispetto ad un adulto. Il tasso di disoccupazione giovanile, al 12,7 per cento, si attesta ad un punto percentuale al di sopra del livello pre-crisi.

Principali risultati emersi dal rapporto

  • Il ritmo dei progressi nella riduzione del numero dei lavoratori poveri ha registrato un brusco rallentamento. Circa il 30 per cento del totale dei lavoratori nel mondo — oltre 900 milioni — viveva nel 2011 con le proprie famiglie al di sotto della soglia di povertà dei 2 dollari al giorno, ovvero 55 milioni in più rispetto alle tendenze previste prima della crisi. Dei 900 milioni di lavoratori poveri, circa la metà vivevano al di sotto della soglia estrema di povertà di 1,25 dollari al giorno.
  • Nel 2011, a livello globale il numero dei lavoratori con un impiego vulnerabile [nota 2] ammontava a 1,52 miliardi, un aumento di 136 milioni di persone dal 2000 e di circa 23 milioni dal 2009.
  • Il 50,5 per cento delle donne ricopre un’occupazione vulnerabile, rispetto al 48,2 per cento degli uomini.
  • Condizioni economiche favorevoli hanno stimolato il tasso di creazione dell’occupazione sostenendo, di conseguenza, la domanda di manodopera interna, in particolare nelle più grandi economie emergenti dell’America Latina e dell’Asia Orientale.
  • Il divario in termini di produttività del lavoro tra le economie industrializzate e i paesi in via di sviluppo, indicatore importante per misurare la convergenza dei livelli di reddito tra paesi, si è attenuato nel corso degli ultimi 20 anni benché continui ad essere considerevole: nel 2011, la produttività per lavoratore nelle economie industrializzate e l’Unione Europea equivaleva a 72.900 dollari, contro una media di 13.600 dollari nelle regioni in via di sviluppo.

“Questi ultimi dati riflettono bene le disuguaglianze crescenti e l’esclusione di milioni di lavoratori e delle loro famiglie”, ha affermato Somavia. “Uscire o meno dalla crisi dipenderà dall’efficacia delle politiche dei governi. E queste politiche saranno efficaci solo se avranno effettivamente un impatto positivo sulla vita delle persone”.

Il rapporto raccomanda l’adozione di misure specifiche a sostegno della crescita dell’occupazione nell’economia reale, e avverte che semplici misure pubbliche aggiuntive di sostegno non saranno sufficienti a garantire una ripresa sostenibile.

“I responsabili politici devono agire in maniera determinata e coordinata per ridurre le paure e i dubbi che frenano gli investimenti privati affinché il settore privato possa ricominciare a svolgere il suo ruolo di motore principale della creazione di posti di lavoro”, spiega il rapporto.

Il rapporto avverte anche che in periodi in cui la domanda è scarsa, sarebbero utili nuove misure di stimolo e questo può essere fatto senza mettere in pericolo la stabilità delle finanze pubbliche. Lo studio infine raccomanda che gli sforzi in materia di assestamento di bilancio siano fatti in maniera socialmente responsabile, avendo come obiettivi principali le prospettive di crescita e di occupazione.

Per ulteriori informazioni contattare

Dipartimento Comunicazione e Pubblica Informazione dell’ILO
tel.: +4122/799-7912 - communication@ilo.org
oppure
Ufficio ILO per l’Italia e San Marino, Francesca Ferrari
tel.: +39 06 6784334 - +39 338 9536855 - ferrari@ilo.org

[nota 1] Una persona che interrompe la ricerca di un lavoro perché ha perso le speranze di trovarne uno è considerata economicamente inattiva (ovvero al di fuori della forza lavoro) e non viene inclusa nel conteggio dei disoccupati. Questo si applica anche ai giovani che scelgono di proseguire gli studi più a lungo di quanto avessero sperato e aspettano a cercare un’occupazione in quanto percepiscono la mancanza di opportunità di lavoro.
[nota 2] Per occupazione vulnerabile si intende la somma dei lavoratori in proprio e di quelli non remunerati che lavorano nelle famiglie.