Editoriale del Direttore Generale

È necessario ripensare la migrazione per lavoro

Mentre si svolge a New York il Dialogo di alto livello su migrazioni internazionali e sviluppo, il Direttore Generale dell’ILO, Guy Ryder, parla di come migliorare la governance della migrazione per lavoro affinché tutti possano beneficiarne.

Editoriale | 4 ottobre 2013
È in corso a New York, il Dialogo di alto livello su migrazione internazionale e sviluppo che ha all’ordine del giorno una questione prioritaria: come gestire i flussi migratori globali e far si che questi abbiano effetti positivi sia nei paesi di origine che in quelli di destinazione.

Secondo le stime, sarebbero 232 milioni i migranti in tutto il mondo, un numero in continua crescita. Ciò è dovuto a diverse ragioni, tra cui: cambiamenti demografici, aumento delle disparità economiche, maggiore instabilità politica e crisi ambientali impreviste.

La maggior parte dei migranti non lascia il proprio paese per scelta, ma per necessità. Di solito è la mancanza di opportunità di lavoro dignitoso e di un reddito adeguato a spingere le persone a emigrare. Purtroppo, questo viaggio avviene spesso in condizioni difficili e pericolose. E quando giungono a destinazione, o anche quando tornano a casa, i migranti sono più esposti alle discriminazioni.

Le donne, i giovani e tutti i lavoratori poco qualificati o in situazione irregolare sono particolarmente vulnerabili allo sfruttamento. Non è raro che ai lavoratori migranti vengano negati i diritti fondamentali nel lavoro, come la libertà di associazione, la contrattazione collettiva, la non-discriminazione e il salario minimo. Nei casi peggiori, i migranti possono essere vittime del lavoro forzato o della tratta di essere umani.

Tuttavia, il ruolo dei lavoratori migranti è fondamentale nell’economia. Sono consumatori di beni e servizi, pagano tasse e avviano piccole imprese che creano nuovi posti di lavoro. Inoltre, i migranti mandano anche a casa denaro — oltre 400 miliardi di dollari inviati nel 2012 verso i paesi in via di sviluppo —, a beneficio delle proprie famiglie e comunità.

Visto lo stato attuale dell’economia mondiale e le prospettive future — ci si aspetta una crescita della disoccupazione mondiale dai 202 milioni di oggi ad oltre 208 milioni entro il 2015 — i flussi migratori dovrebbero aumentare e diventare più complessi.

La comunità internazionale si trova di fronte ad una sfida immensa, ma anche ad una grande opportunità per rafforzare il suo impegno e cambiare approccio alla migrazione.

In questo momento siamo discutendo l’agenda globale per lo sviluppo post 2015, che partirà allo scadere degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (MDGs) nel 2015. Le migrazioni devono essere al centro di questo dibattito. Non possiamo abbandonare i migranti alla loro terribile sorte, nessuno ci guadagna niente.

Quello di cui abbiamo bisogno non è altro che una mobilitazione mondiale per proteggere i diritti e gli interessi dei lavoratori migranti. Per farlo non dobbiamo partire da zero. Nel 2006, l’ILO ha adottato il Quadro multilaterale che stabilisce una serie di principi non vincolanti e di linee guida per un approccio alla migrazione basato sui diritti. Questo documento propone anche esempi di buone pratiche di diversi paesi e rappresenta un ottimo punto di partenza per ampliare il dibattito.

Andiamo oltre le discussioni sui numeri, sui flussi migratori e sulle rimesse, e iniziamo a parlare di misure concrete — incentrate sulle norme internazionali del lavoro — per migliorare la governance della migrazione per lavoro. Per farlo, dobbiamo coinvolgere i ministeri del lavoro insieme alle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori, attori chiave dell’economia reale.

Finora, sono stati troppo esigui gli investimenti nazionali e regionali per la protezione dei diritti dei lavoratori migranti, in particolare in settori economici (come l’agricoltura, il lavoro domestico o le costruzioni) ad elevato rischio in termini di reclutamento di manodopera, condizioni di lavoro, salari e sicurezza sociale.

Dobbiamo riconoscere le qualifiche dei migranti e garantire una migliore incontro tra le loro competenze e il lavoro che svolgono. In questo modo eviteremo di sprecare talenti e di lasciare insoddisfatta la domanda dei datori di lavoro. Dobbiamo anche sensibilizzare i paesi di destinazione sul contributo positivo dei migranti per le loro società.

Le buone politiche in materia di migrazione per lavoro dovrebbero condurre ad un futuro più equo. Queste politiche comprendono: riduzione delle discriminazioni; sostegno ai lavoratori migranti per un efficiente utilizzo delle rimesse volto a creare nuovi lavori una volta ritornati nel proprio paese; migliorare l’accesso alle istituzioni chiave del mercato del lavoro, compreso lo stipendio minimo; introduzione di procedure che permettano ai migranti di regolarizzare il loro status.

Per quanto riguarda le politiche, dobbiamo anche sapere cosa può funzionare e in quali circostanze. I risultati possono aiutare i governi a capire meglio il mercato del lavoro per poter riorientare le politiche occupazionali e migratorie a beneficio di tutti i lavoratori, e non solo dei migranti.

La riunione di New York in corso è il momento ideale per iniziare a parlare di tutto questo. Mettiamoci quindi al lavoro!