Competitività e lavoro: la quadratura del cerchio

Ridurre i costi può aiutare un paese a diventare più competitivo e stimolare così le sue esportazioni. Ma, per quanto allettante possa sembrare, non tutti i paesi dell’UE, che commerciano essenzialmente tra di loro, possono ottenere un vantaggio competitivo nello stesso momento.

Editoriale | 10 dicembre 2012
Philippe Egger, Direttore, ILO Bureau of Programming and Management
GINEVRA (ILO News) — La crisi economica globale ha spinto molti paesi europei ad introdurre misure per ridurre i costi per le imprese. L’obiettivo è fornire un vantaggio in termini di costi alle imprese esportatrici rispetto alle imprese concorrenti di altri paesi.

Prima che la moneta unica fosse introdotta nel 1999, i paesi europei con grandi deficit commerciali avevano la possibilità di modificare il tasso di cambio della propria valuta. Oggi questo non è più possibile, poiché tutti hanno la stessa moneta.

Piuttosto, i paesi scelgono di ridurre i salari introducendo flessibilità nella contrattazione e nell’orario di lavoro, riducendo i salari minimi e i contributi previdenziali — in genere quelli versati dagli imprenditori — e ristrutturando le imprese e riformando lo Stato.

Queste misure riducono il costo salariale, aumentando, nel contempo, la produzione per lavoratore. Questo rapporto, conosciuto come costo unitario del lavoro, è diminuito in diversi paesi del sud d’Europa, ma non in Francia, Italia o Regno Unito. Di conseguenza, Irlanda, Spagna e Portogallo registrano un aumento delle esportazioni.

Allo stesso tempo, i paesi europei adottano misure per tenere a freno la spesa pubblica per ridurre il finanziamento del deficit pubblico attraverso il debito. Costi salariali più bassi e una spesa pubblica contenuta tendono ad abbassare i consumi delle famiglie e dello Stato.

Diversi paesi hanno adottato con successo politiche di questo tipo, ma generalmente con l’aiuto delle svalutazioni del tasso di cambio e in contesti economici ben diversi. Questo è stato il caso della Svezia nel 1992, dell’Argentina nel 2002 e, solo recentemente, dell’Islanda.

Evoluzione del costo unitario del lavoro in alcuni paesi, 2005=100
Fonte: Eurostat
Oggi, in un contesto in cui molti paesi europei, che sono i principali partner commerciali gli uni degli altri, applicano tutti allo stesso tempo politiche simili, l’effetto inevitabilmente si amplifica. In sintesi, l’austerità coordinata sta aprendo la strada ad una recessione coordinata. La lezione è che politiche valide per un paese non necessariamente sono altrettanto valide per un gruppo di paesi altamente interdipendenti.

I costi sociali di queste misure sono vasti e profondi. Il tasso di disoccupazione in Europa non ha smesso di aumentare — fatta eccezione per un lieve calo nel 2010 — da meno del 7% nel primo quadrimestre del 2008 all’11,6 % nel settembre del 2012.

Circa 26 milioni di cittadini europei sono alla ricerca, senza esito, di un lavoro, senza contare quanti sono scoraggiati dalla ricerca di un impiego o coloro che riescono ad ottenere solo contratti di lavoro part-time. Questo ha portato ad una riduzione del numero di persone in età lavorativa che hanno un impiego nell’Unione Europea.

I giovani sono i più colpiti. Evitare che si crei una “generazione senza futuro” dovrebbe essere la priorità di qualsiasi responsabile politico europeo.

Indubbiamente le riforme sono necessarie quando i costi salariali aumentano più rapidamente rispetto al rendimento per lavoratore o quando il deficit fiscale o commerciale diviene insostenibile. Le riforme funzionano meglio quando si ricorre al dialogo sociale. Un’economia può essere risanata in diversi modi, ad esempio: favorendo gli investimenti, attraverso una tassazione più equa, con l’innovazione, lo sviluppo delle competenze e così via.

È improbabile che maggiori esportazioni in un’Europa in fase recessiva siano la sola soluzione per uscire dalla crisi. Il lavoro si muoverà semplicemente da una parte all’altra, come è stato dimostrato dai recenti spostamenti nel settore auto, con impianti che chiudono in Belgio, Francia e Regno Unito e altri che, invece, aprono in Spagna e Romania.

Evitare le svalutazioni competitive del tasso di cambio era precisamente uno degli obiettivi dell’introduzione della moneta unica. Riequilibrare l’economia attraverso un incremento della domanda interna in paesi con ampi surplus commerciali è un’altra misura da adottare, a partire dalla Germania, il cui surplus degli ultimi dodici mesi ha superato quello della Cina.

Affinché la ripresa economica sia accompagnata da un ritorno alla piena occupazione è necessario adottare misure più audaci, eque e forti rispetto a quelle finora previste dai responsabili politici, misure che siano basate su soluzioni specifiche per ogni paese e per ogni crisi.