Nuovo rapporto sull’uguaglianza nel mondo del lavoro. Nonostante i progressi, la discriminazione sul lavoro persiste e prende nuove forme

Nonostante siano stati registrati progressi nella lotta alla discriminazione nel mondo del lavoro, cresce la preoccupazione per l’aumento della disuguaglianza nel reddito e nelle opportunità nel lavoro e per il persistere di forme discriminatorie nel mercato del lavoro. È quanto emerge da un nuovo rapporto dell’ILO pubblicato oggi.

Comunicato stampa | 10 maggio 2007

GINEVRA (Notizie dall’ILO) – Nonostante siano stati registrati progressi nella lotta alla discriminazione nel mondo del lavoro, cresce la preoccupazione per l’aumento della disuguaglianza nel reddito e nelle opportunità nel lavoro e per il persistere di forme discriminatorie nel mercato del lavoro. È quanto emerge da un nuovo rapporto dell’Ufficio Internazionale del Lavoro (ILO) pubblicato oggi.

Il rapporto Uguaglianza nel lavoro: affrontare le sfide, lo studio dell’ILO più completo mai realizzato ad oggi sul tema della discriminazione, fornisce una fotografia a livello mondiale della discriminazione sul lavoro, menzionando sia i progressi che i fallimenti nella battaglia contro forme discriminatorie più tradizionali come quelle fondate sul sesso, la razza o la religione, ma anche contro le nuove forme fondate sull’età, l’orientamento sessuale, la sieropositività o lo stato di salute.

« A livello globale, nella battaglia contro la discriminazione si registrano progressi ma anche fallimenti », sostiene il rapporto dell’ILO indicando i passi in avanti compiuti dal primo rapporto globale, 4 anni fa (Time for Equality at work, ILO, 2003). Lo studio fa inoltre notare che la maggior parte dei 180 paesi membri dell’ILO ha ratificato le due Convenzioni fondamentali sulla discriminazione, impegnandosi quindi ad adottare una legislazione e delle strategie contro la discriminazione.

Uno dei temi principali del rapporto è la persistenza del divario uomini-donne in materia di occupazione e retribuzione, e la necessità di adottare politiche integrate contro la discriminazione salariale e contro la segregazione di genere, cercando al tempo stesso di conciliare lavoro e famiglia. Per esempio, secondo il rapporto, nei paesi dell’Unione Europea si registra una differenza tra donne e uomini molto elevata, pari al 15 per cento, nella media dei redditi orari lordi a tutti i livelli di mercato e in tutti i settori.

Il tasso di partecipazione delle donne alla forza lavoro continua a crescere significativamente. Attualmente si attesta al 56,6 per cento, riducendo così il divario di genere nella partecipazione al lavoro in tutto il mondo. Tuttavia, rileva lo studio, i progressi sono stati disomogenei, con l’America del Nord al 71,1 per cento, il 62 per cento nell’Unione Europea, l’Asia dell’Est e il Pacifico con il 61,2 per cento e il 32 per cento nel Medio Oriente e Nord Africa.

Il maggior numero di donne che ricoprono posti di lavoro di buona qualità come manager, alti funzionari o responsabili nel settore giuridico costituisce un indicatore chiave del miglioramento della condizione femminile e della riduzione delle barriere discriminatorie. Tuttavia, quasi ovunque nel mondo, le donne in posizioni di responsabilità sono ancora una sparuta minoranza, solo il 28,3 per cento. Anche in questo caso si registrano progressi disomogenei a seconda delle regioni geografiche, con il 41,2 per cento nell’America del Nord, America Latina e Caraibi con il 35 per cento e il 30,6 per cento nell’Unione Europea. Una crescita rapida è stata invece registrata nell’Asia del Sud, dove questo indicatore è quasi raddoppiato nell’arco di nove anni, arrivando ad un 8,6 per cento di donne in posizioni di alto livello, un valore che rimane purtroppo ancora molto basso.

Pur riconoscendo i significativi passi in avanti compiuti grazie agli sforzi degli Stati membri dell’ILO per limitare la discriminazione nel lavoro, il rapporto fa notare che « la discriminazione, sia al momento dell’assunzione che sul posto di lavoro, è oggi quasi universalmente condannata e pressoché tutti i paesi si sono impegnati a porvi rimedio ». Dal 2007, nove paesi membri su 10 hanno ratificato le due Convenzioni fondamentali sulla discriminazione – la Convenzione sulla uguaglianza di remunerazione, 1951 (n. 100) e la Convenzione sulla discriminazione (impiego e professione), 1958 (n. 111) – impegnandosi ad adottare una legislazione e delle politiche per prevenire la discriminazione.

Nonostante ciò, lo studio avverte anche che « di fronte ad un mondo che appare sempre più ingiusto, incerto e insicuro » combattere la discriminazione nel lavoro è oggi più urgente rispetto a quattro anni fa. « Il persistere delle disuguaglianze nel reddito, nelle risorse e nelle opportunità riducono l’efficacia di qualsiasi azione volta a combattere la discriminazione. Questo può condurre ad una instabilità politica e a contrasti sociali che possono compromettere gli investimenti e la crescita economica ».

Progressi e fallimenti

Lo studio rileva notevoli progressi sul fronte giuridico e istituzionale in molti paesi che hanno recentemente revisionato i loro codici del lavoro includendovi delle disposizioni anti discriminatorie e a favore della parità. Lo studio cita anche nuove iniziative come il Codice di condotta dell’ILO sull’HIV/AIDS e il mondo del lavoro [nota 3] che ha rivoluzionato la risposta dei settori pubblico e privato al problema dell’AIDS sul lavoro.

Tuttavia, lo studio segnala anche alcuni punti deboli. L’applicazione della legge è insufficiente mentre gli organi preposti alla lotta contro la discriminazione non dispongono sempre del personale e dei fondi necessari. Se da un lato l’impegno contro la discriminazione aumenta nell’economia formale, dall’altro lato le politiche pubbliche devono anche fronteggiare l’espansione costante dell’economia informale per rimuovere gli ostacoli che impediscono a centinaia di milioni di persone di beneficiare di pari opportunità sul lavoro.

Il rapporto inoltre fornisce molti esempi di discriminazione per motivi di razza, religione, origine sociale, casta, appartenenza ad una popolazione indigena o ancora nei confronti dei lavoratori migranti. Avverte sulle conseguenze della discriminazione nei confronti di lavoratori giovani o anziani, e sulle disuguaglianze per ragioni di orientamento sessuale, sieropositività o disabilità.

Con circa 470 milioni di persone disabili in età lavorativa, cresce la preoccupazione sulla discriminazione nei loro confronti. Il rapporto stabilisce che la probabilità che una persona disabile trovi un lavoro è inversamente proporzionale al livello di disabilità. In Europa una persona anziana fra i 16 e i 64 anni ha il 66 per cento delle probabilità di trovare un lavoro. Questa percentuale scende al 47 per cento per una persona leggermente disabile e al 25 per una persona gravemente disabile.

Questi ostacoli all’uguaglianza impediscono alle società di sfruttare al meglio il grande potenziale della globalizzazione. La promozione di pari opportunità e di lavoro dignitoso per tutti, donne e uomini, senza distinzione di razza, religione, disabilità, età o orientamento sessuale è fondamentale per procedere in tale direzione.

Un fenomeno apparso recentemente è la diffusione di pratiche che penalizzano persone con « una predisposizione genetica a sviluppare determinate malattie o coloro che hanno uno stile di vita considerato non sano ». I rapidi sviluppi nel campo della genetica e delle nuove tecnologie hanno reso più facile ottenere informazioni sulla condizione genetica delle persone. I test genetici hanno delle conseguenze importanti per l’ambiente di lavoro in quanto permettono, per esempio, ai datori di lavoro di discriminare lavoratori la cui condizione genetica mostra una predisposizione a sviluppare in futuro una determinata malattia. Sono già state avviate alcune azioni legali per discriminazione genetica sul lavoro.

Il Rapporto globale raccomanda una serie di azioni per combattere la discriminazione e realizzare il piano d’azione globale proposto dall’ILO. Ciò include la promozione dell’uguaglianza di genere attraverso un’azione globale integrata e meglio coordinata; l’inclusione della non-discriminazione e dell’uguaglianza nei programmi nazionali dell’ILO per il Lavoro Dignitoso tenendo conto delle necessità specifiche dei diversi gruppi; migliorare la normativa e la sua applicazione; migliorare l’efficacia delle iniziative non normative come gli appalti pubblici e le politiche di investimento e di credito; e aiutare lavoratori e datori di lavoro a fare dell’uguaglianza sul posto di lavoro una realtà attraverso meccanismi come la contrattazione collettiva e i codici di condotta.

Il Rapporto è parte di una serie di studi pubblicati annualmente sui temi fondamentali dell’ILO, come richiesto dalla Dichiarazione sui principi e diritti fondamentali nel lavoro adottata dalla Conferenza Internazionale del Lavoro nel 1998. La Dichiarazione si fonda intorno a quattro principi fondamentali — libertà di associazione, eliminazione del lavoro minorile, eliminazione del lavoro forzato, eliminazione della discriminazione.