Gli orari di lavoro nel mondo: un lavoratore su cinque lavora troppo

Un nuovo studio dell’ILO fa luce sugli orari di lavoro in più di 50 paesi

Comunicato stampa | 7 giugno 2007

GINEVRA (Notizie dall’OIL) – A circa un secolo dall’adozione del primo parametro internazionale sugli orari di lavoro, un nuovo studio dell’Ufficio Internazionale del Lavoro (ILO) mette in evidenza che circa un lavoratore su cinque in tutto il mondo — ovvero 600 milioni di persone — lavora ancora per più di 48 ore la settimana, e nella maggior parte dei casi solo per riuscire ad arrivare alla fine del mese.

Il nuovo studio Working Time Around the World: Trends in working hours, laws, and policies in a global comparative perspective (« Orari di lavoro nel mondo: tendenze sul numero di ore, norme e strategie in una prospettiva globale comparata ») [nota 1] dice che circa il 22 per cento della forza lavoro mondiale, ovvero 614,2 milioni di lavoratori, hanno orari eccessivamente lunghi.

Il rapporto dice che orari più brevi hanno invece risvolti positivi, per esempio, a livello di benefici per la salute dei lavoratori e la loro vita famigliare, garantendo meno incidenti sul posto di lavoro, maggior produttività e, infine, maggiore uguaglianza fra i generi. Allo stesso tempo, lo studio dice che nei paesi in via di sviluppo e nelle economie di transizione un elevato numero di persone che lavorano poche ore al giorno è in realtà sottoccupato e maggiormente a rischio di cadere in povertà.

« Un aspetto positivo è che sono stati fatti molti progressi nella regolamentazione degli orari di lavoro nei paesi in via di sviluppo e nelle economie di transizione, ma in generale i risultati dello studio sono ancora preoccupanti, soprattutto per la prevalenza di orari troppo lunghi » dice Jon Messenger, Ricercatore per il Programma sulle condizioni di impiego e di lavoro dell’ILO e uno degli autori dello studio.

Lo studio fa luce sugli orari di lavoro in 50 paesi e per la prima volta esplora le implicazioni delle strategie sugli orari di lavoro nei paesi in via di sviluppo e nelle economie di transizione; mette principalmente in evidenza che la distribuzione degli orari di lavoro è molto variabile, con alcune persone che lavorano troppo e altre non abbastanza.

Fra i paesi che nel 2004-5 avevano la più grande incidenza di orari di lavoro prolungati (oltre le 48 ore settimanali), il Perù è in cima alla lista con il 50,9 per cento di lavoratori [nota 2], seguito dalla Repubblica della Corea con il 49,5 per cento, la Thailandia con il 46,7 per cento [nota 3] e il Pakistan con il 44,4 per cento. Nei paesi sviluppati, dove gli orari di lavoro sono solitamente più brevi, il Regno Unito è al 25,7 per cento, l’Australia al 20,4 per cento, la Svizzera al 19,2 per cento e gli Stati Uniti al 18,1 per cento.

I tentativi di ridurre le ore di lavoro in questi paesi non hanno avuto successo per vari motivi, incluso il fatto che si lavora più a lungo per poter arrivare alla fine del mese e perché molti imprenditori fanno ricorso ad orari lavorativi più lunghi per migliorare le rendite della propria impresa nei periodi di bassa produttività. Il rapporto fa anche sapere che, in generale, le normative e le strategie per ridurre gli orari di lavoro hanno un effetto limitato nelle economie in via di sviluppo, in particolare in termini di ore settimanali massime, emolumenti degli straordinari ed i relativi effetti sull’economia informale.

Un altro aspetto interessante è quello che il rapporto definisce come « differenza di genere negli orari di lavoro ». Lo studio dice, infatti, che gli uomini tendono a lavorare più delle donne in praticamente tutti i paesi del mondo ed in generale le donne trovano posti di lavoro con orari più ridotti rispetto agli uomini (meno di 35 ore alla settimana). Il rapporto conclude che ciò è probabilmente dovuto agli impegni domestici delle donne, alla loro responsabilità nella cura degli altri membri della famiglia, non soltanto bambini, ma anche anziani o parenti che soffrono di malattie come l’HIV/AIDS; si tratta quindi per le donne di un vero e proprio lavoro “non retribuito”.

Il rapporto fa notare che, nel caso di coppie con bambini piccoli, per gli uomini le ore lavorative retribuite tendono ad aumentare, mentre per le donne diminuiscono. Per esempio, in Ungheria la presenza di bambini in famiglia fa sì che gli uomini lavorino il 13-19 per cento più a lungo delle donne e questo valore aumenta quanti più sono i bambini della coppia; e ancora, in Malesia circa il 23 per cento delle donne lasciano il lavoro per accudire i figli piccoli.

La “terziarizzazione” — ovvero, il crescente settore dei servizi — e l’occupazione informale, due aspetti tipici dell’economia globalizzata di oggi, sono una causa maggiore di orari lavorativi più lunghi. Nel settore dei servizi ed i relativi subsettori gli orari tendono ad essere più variati e sono particolarmente lunghi nei settori del commercio all’ingrosso e al minuto, in quello alberghiero e della ristorazione, dei trasporti e delle comunicazioni, che inoltre implicano di solito turni di lavoro e orari “poco sociali”. Per esempio, in Messico, la porzione più elevata di persone che lavorano oltre 48 ore alla settimana si trova nei settori del commercio all’ingrosso e al minuto. Per il settore della sicurezza, che ha per legge gli orari più lunghi di tutti, si calcolano in paesi come la Giamaica fino a 72 ore lavorative alla settimana.

Per l’economia informale, che nelle regioni in via di sviluppo fornisce almeno la metà dei posti di lavoro totali (e di cui tre quinti sono di lavoro indipendente), circa il 30 per cento degli uomini (dipendenti o autonomi) lavora più di 49 ore la settimana. Nel contempo, le donne nelle economie in via di sviluppo e nelle economie di transizione stanno ricorrendo al lavoro autonomo e in nero come mezzo per conciliare responsabilità famigliari e lavoro. Nei paesi in via di sviluppo analizzati fa eccezione la Thailandia, dove almeno un quarto delle donne con lavoro autonomo dedica alla propria occupazione meno di 35 ore alla settimana.

Nel settore manifatturiero le ore lavorative medie in tutto il mondo variano fra le 35 e 45 alla settimana, ma sono significativamente più lunghe in un certo numero di paesi in via di sviluppo, quali il Costa Rica, il Perù, le Filippine, la Thailandia e la Turchia. Lo studio inoltre mostra che sia i lavoratori giovani che quelli prossimi alla pensione hanno orari leggermente ridotti rispetto ai lavoratori di età media, fatto che riflette le scarse possibilità d’impiego per questi due gruppi.

Lo studio inoltre fornisce un certo numero di suggerimenti strategici concepiti per promuovere il concetto di lavoro dignitoso anche in termini di orari di lavoro. Alcuni di questi includono:

  • ridurre gli orari lavorativi lunghi per diminuire il rischio di incidenti e malattie al lavoro e i costi che ne conseguono per i lavoratori, i datori di lavoro e tutta la società;
  • adottare misure adattate alle circostanze nazionali, che permettano di conciliare famiglia e lavoro, come per esempio orari flessibili, permessi per motivi di famiglia, e lavoro part-time;
  • promuovere lo sviluppo di posti di lavoro part-time di alta qualità, definiti in base alle istituzioni e tradizioni locali e conformati ai principi e misure della Convenzione ILO sul lavoro part-time del 1994 (n. 175), in modo da contribuire a promuovere le pari opportunità;
  • l’adozione di limiti orari statutari ragionevoli, che possano contribuire a migliorare il rendimento delle imprese, in modo da interrompere “il circolo vizioso” di orari lavorativi lunghi e retribuzioni basse;
  • prendere in considerazione misure che permettano ai lavoratori di dedicare più tempo alle proprie famiglie e poter decidere i propri orari di lavoro, in modo da permettere a più donne l’accesso a posti di lavoro nel settore formale.

[nota 1] Sangheon Lee, Deirdre McCann e Jon C. Messenger, Working Time Around the World: Trends in working hours, laws, and policies in a global comparative perspective, 240 p., Ginevra, ILO, 2007, ISBN 9789221193111.
[nota 2] Il rapporto evidenzia anche 51,2 per cento dei lavoratori con orari lunghi in Indonesia, ma a causa di mancanza di dati gli “orari lunghi” sono stati qui definiti come orari di più di 45 ore alla settimana.
[nota 3] I dati più recenti disponibili risalgono al 2000.